Documento finale dell’assemblea di convergenza sul Clima, che è stata una delle più partecipate al Forum Sociale Mondiale 2013, svoltosi a Tunisi.
La produzione capitalista ha abusato della natura, spinto il pianeta contro i suoi limiti, e così tanto che il sistema ha accelerato i cambiamenti del clima. Oggi la gravità dei cambiamenti climatici – con tifoni, inondazioni, tempeste, tifoni e incendi forestali che si moltiplicano, sono tutti indicatori di un pianeta in fiamme. Questi cambiamenti estremi hanno impatti diretti sulle persone – perdita di raccolti, di mezzi di sussistenza, di abitazioni e di vite.
L’umanità e la natura sono al bordo di un precipizio. Possiamo resistere e continuare la marcia verso un futuro in un abisso troppo profondo per essere immaginato. Oppure possiamo agire e pretendere quel futuro che tutti speriamo.
Noi non staremo immobili. Non permetteremo al sistema capitalista di bruciarci tutti. Agiremo e affronteremo le cause profonde del cambiamento climatico cambiando il sistema.
Dobbiamo cominciare a nutrire, rafforzare e rendere consistenti i gruppi di base organizzandoli in ogni territorio, ma in particolare nei luoghi di conflitto dove le sfide sono le più ambiziose.
Cambiare sistema significa:
- lasciare più di due terzi delle riserve di combustibili fossili sotto terra e mettere fine allo sfruttamento delle tar sands e dello shale gas;
- sostenere, per i lavoratori e le comunità locali, un’equa transizione da un’economia estremamente energivora ad economie locali resilienti basate sulla giustizia sociale, ecologica e ambientale;
- decentrare la generazione e il controllo dell’energia a favore delle comunità locali con l’uso di fonti rinnovabili di energia. Investire in infrastrutture energetiche locali di piccola scala, basate sull’approvvigionamento delle comunità locali;
- smettere di costruire ampi ed inutili progetti di infrastrutture che contribuiscono alla produzion di gas climalteranti, come le grandi dighe, autostrade, progetti di produzione energetica centralizzata di larga scala e aeroporti;
- mettere fine alla predominante produzione di cibo vocata all’esportazione e assicurare che i raccolti e gli allevamenti locali incontrino i bisogni nutrizionali e culturali delle comunità locali;
- adottare approcci “rifiuti zero” nella promozione di ampi programmi di riciclaggio e compostaggio, che mettano fine all’uso di inceneritori e discariche;
- fermare il land grabbing, le industrie estrattive e il sovra sfruttamento delle risorse, rispettando il diritto dei contadini, dei popoli indigeni e della natura;
- mandare le auto fuori dalle strade, costruendo infrastrutture ecologiche di trasporti pubblici adatte a mezzi che si alimention da fonti energetiche rinnovabili e non da combustibili, da rendere accessibile a ciascuno;
- produzione e consumo locale di beni durevoli;
- fermare il libero commercio e gli accordi sugli investimenti;
- smantellare la militarizzazione.
Abbiamo bisogno di un sistema nuovo che trovi un’armonia tra umani e natura e non un modello di crescita infinita come il sistema capitalista promuove per fare sempre più profitti. Abbiamo bisogno di un nuovo sistema che risponda ai bisogni della maggioranza e non di pochi. Abbiamo bisogno di una ridistribuzione del benessere che oggi è sotto il controllo dell’1% degli abitanti del pianeta.
Il cambiamento del sistema richiede la fine dell’impero globale delle multinazionali e delle banche. Solo una società che ha il controllo democratico sulle risorse che ora sono nelle mani di pochi sarào in grado di garantire la giustizia economica, sociale e ambientale.
Con queste misure saremo in grado di raggiungere la massima occupazione per tutti perché integrato nel cambiamento di sistema in ogni ambito dove ci sono più posti di lavoro di qualità di quelli che esistono all’interno del sistema attuale di sfruttamento. Con queste misure saremo in grado di costruire e l’economia che serve alla gente e non ai capitalisti. Saremo in grado di fermare il degrado senza fine della terra, l’aria e l’acqua, che ci permette di evitare la migrazione forzata e milioni di rifugiati climatici. Per di più i cicli vitali dell’acqua verranno preservati.
La battaglia principale è al di fuori dei negoziati internazionali sul clima, ed è invece radicata nei luoghi dove si combatte in prima linea su petrolio, gas, estrazione mineraria, l’agricoltura industriale, la deforestazione, l’inquinamento industriale, offset e Redds, land-grabbing e migrazioni che si svolgono in tutto il mondo.
Stati Uniti, Europa, Giappone, Russia e gli altri paesi industrializzati, in quanto principali emettitori storici, devono portare a termine la più grande riduzione delle emissioni. Cina, India, Brasile, Sud Africa e le altre economie emergenti dovrebbero fissare obiettivi di riduzione delle emissioni sulla base dei principi della responsabilità comune ma differenziata. Noi non accettiamo che in nome del diritto allo sviluppo diversi progetti per un consumo più sostenibile e lo sfruttamento della natura sono stati promossi nei paesi in via di sviluppo solo a vantaggio dei profitti dell’1 degli abitanti del pianeta.
La lotta per un nuovo sistema è anche la lotta contro le false soluzioni al cambiamento climatico. Se non le fermiamo si svilupperà un nuovo ciclo di privatizzazioni e mercificazione della natura che distruggeranno ulteriormente l’intero sistema Terra. Ad esempio gli OGM, gli agrocarburanti, il cap & trade, la Geo-ingegneria, REDD, il biotech, il fracking e i gas di scisto, l’incenerimento come fonte di energia.
Proposte come Vivir Bien, i beni comuni, i diritti della natura, la sovranità alimentare, la prosperità senza crescita, l’indice di felicità, l’Accordo dei Popoli di Cochabamba e altri hanno già elementi chiave per costruire un nuovo sistema alternativo.
Noi tutti abbiamo a lungo sperato per la possibilità di un altro mondo. Oggi, prendiamo quella speranza e la trasformiamo in coraggio, forza e azione – perché insieme, possiamo cambiare il sistema. Se vogliamo avere il futuro che vogliamo, dobbiamo lottare per esso ora.
Documento finale assemblea di Convergenza del Climate Space
Tunisi 29 marzo 2013