E’ stata ribattezzata subito (e comprensibilmente) “legge anti moschee”. La Regione Lombardia, martedì 27 gennaio, ha adottato una legge regionale che limita, attraverso dettagliate regole urbanistiche e una molteplicità di cavilli, il rilascio dell’autorizzazione per nuovi luoghi di culto.
Nella proposta di legge originale, targata Lega, le nuove norme avrebbero dovuto valere solo per religioni “non convenzionate” con lo Stato italiano. Successivamente, di fronte alla palese incostituzionalità di questo passaggio, il provvedimento è stato esteso a tutte le confessioni.
Ma è evidente che il bersaglio sono le associazioni islamiche, i principali soggetti oggi a chiedere di regolarizzare l’apertura di luoghi di culto.
Contro la nuova legge si è subito pronunciata la Curia di Milano e anche vari sindaci – tra i quali Giuliano Pisapia – hanno dichiarato che non applicheranno la riforma.
In attesa di sviluppi, vi invitiamo a leggere il commento comparso sul blog di Stefano Allievi, docente universitario e studioso dell’Islam e dei fenomeni migratori, di cui pubblichiamo qui le prime righe: «Quello che non poteva fare quando era ministro dell’interno (perché sapeva che era inaccettabile, inapplicabile e incostituzionale), Maroni l’ha fatto come presidente della regione più ricca e civile (autodefinizione media del lombardo medio) d’Italia. Naturalmente sa benissimo che non è né accettabile, né applicabile, né costituzionale, e che la sua legge sarà quindi bocciata. In primis perché un fondamentale principio di civiltà giuridica che l’occidente si vanta di aver insegnato al mondo, e dovrebbe quindi voler rispettare, sancisce che le maggioranze non hanno il potere di decidere sui diritti delle minoranze: tanto più in materia religiosa. E quindi tutta la vicenda del referendum sui luoghi di culto è semplicemente fuori dai margini della civiltà, ovvero incivile…» (per leggere tutto, cliccate qui)
http://www.corrieredellemigrazioni.it/ – 30/1/2015
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