Ci sono emozioni che straziano, altre che impegnano, altre che deludono, altre ancora …, ognuna presuppone una diversità che si impatta con i silenzi del corpo e della mente, ognuna ha in sé un valore che può sfumarsi nel breve tempo, o rimanere significante dentro atti desideranti.
Nel film Welcome l’impatto emozionale ha “tradito” anche chi, come noi, vive a contatto con la solitudine degli immigrati che ogni giorno sussultano tra le ostilità che li scompensa e li rende nemici.
Posso solo immaginare, ma solo immaginare, quanta solitudine e quanta tristezza affatica il loro corpo quando chiudono gli occhi la sera. Mentre posso solo constatare la loro speranza che riemerge il giorno dopo nel volere e ricercare nuovi spazi di vita.
Quando li incontriamo i loro volti sono sereni ci sorridono e ringraziano per quella poca solidarietà che condividiamo. Ed è un forte richiamo a promuovere la realtà sofferente ad un livello di sempre maggiore consapevolezza rispondente alla “normalità” dissolutiva.
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(emozione)
Il film di ieri mi ha veramente toccato nel profondo, quando é finito e per molto tempo dopo ho avuto bisogno di silenzio.
Mi ha altrettanto commosso, fatto infuriare, e mi ha creato ribellione profonda ancora una volta la condizione delle donne, un episodio non centrale del film, messo lì quasi con “mano leggera”, ma che aveva una forza dirompente.
Devo aggiungere che sono rimasta colpita, durante il dibattito, della sottolineatura fatta sulla solitudine e della citazione ad “Un’arida stagione bianca” e allo scrittore André Brink. Mi permetto di suggerire anche Nadine Gordimer, ma sicuramente la conosce già.