Ricordare il 3 ottobre e la strage che si compì nel mare di Lampedusa otto anni fa non è celebrare l’anniversario di una tragedia lontana nel tempo. Né compiangere i 18.000 morti e dispersi nel Mediterraneo, contati a partire da quella data.
Significa avere coscienza – o ravvivarla – dei fatti altrettanto tragici che avvengono OGGI, di cui, come paese e come Unione Europea, siamo scientemente colpevoli. In Bosnia il nostro filo spinato fa naufragare le speranze di migliaia che si avventurano sulla rotta balcanica ; a Trieste la nostra polizia oltraggia la richiesta d’asilo, respingendo quelle poche decine di profughi; a Locri le nostre sentenze uccidono l’accoglienza e la rinascita di una comunità.
Noi ci opponiamo alla quotidiana violazione dei diritti dei migranti , che facciamo nostri . Li difendiamo nelle nostre scuole, esercitando il nostro dovere di solidarietà, giustizia, partecipazione politica. Diciamo forte: “Non è in nostro nome che queste cose avvengono”.